La Turris non è morta, l’hanno uccisa. A rivederci mai più…

Oggi la FIGC ha emesso il verdetto definitivo, ma la Turris era già morta da tempo. Non era più una società di calcio, ma un corpo esanime, attaccato artificialmente a una macchina e straziato fino all’ultimo da chi, invece di tentare di salvarlo, ha continuato a infliggergli sofferenze nella speranza di ricavarne ancora qualcosa. Oggi la Turris è ufficialmente scomparsa e lo fa, sentenze alla mano, per mano di una gestione che sin dal primo giorno non ha rispettato una sola scadenza, non per l’eredità di debiti pregressi (che tali erano e tali sono rimasti, se non addirittura aumentati) ma per una gestione fallimentare della quotidianità, che ha solo aggravato la situazione economica e minato ogni credibilità.
A tutto ciò si è aggiunto un atteggiamento ostile e inibitorio verso chiunque osasse chiedere trasparenza, tra l'altro in modo del tutto legittimo. Fin dall’inizio, il modus operandi è apparso opaco, alimentando dubbi e perplessità. A suon di diffide, minacce e censura sui social, la proprietà ha eretto un muro tra sé e la città ("La Turris non è vostra..."), spegnendo anche l’ultima scintilla di passione rimasta in una tifoseria che ha assistito impotente al crollo della propria squadra.
Ma la scomparsa della Turris non è solo la perdita di una categoria. La Serie C si poteva anche lasciare, ma ci sono modi e modi di cadere. Ciò che è svanito oggi è il sogno che intere generazioni avevano coltivato: la speranza di ritrovare il professionismo come punto di ripartenza per un'intera città, coltivata con persistenza, sacrificio e ostinazione dopo un ventennio di attesa, non come un’agonia senza dignità. Per cinque anni la Turris ha provato a riaffermarsi, prima di essere condannata a ripartire da zero, nell’umiliazione più totale.
Se e come potrà rialzarsi, solo il tempo lo dirà, dato che la batosta è destinata a lasciare un segno indelebile e da oggi nulla sarà come prima. Ma almeno una magra consolazione esiste: la Turris, ora, può finalmente riposare in pace. Senza questa sentenza, le sofferenze e le figuracce probabilmente sarebbero state ancora molte.
Un’altra certezza è che da oggi gli artefici di questo scempio non potranno avere più nulla a che fare con la Turris, almeno per i prossimi cinque anni, come impongono i regolamenti federali. Il loro nome, però, resterà impresso nella storia per le peggiori ragioni, legato a una delle pagine più nere del calcio torrese.
Ora non resta che augurarsi che le conseguenze non si limitino solo alla giustizia sportiva, ma che chi ha ammazzato la Turris ne risponda nelle famose “sedi opportune”, perché il danno arrecato alla passione e anche alle tasche dei tifosi, nonché all'intera schiera di tesserati del club, è semplicemente incalcolabile.
A rivederci mai più…